Al momento stai visualizzando Il caso Lidia Poët

Il caso Lidia Poët

La necessità di raccontare ancora il girl power

Perché definirlo perfino di “il caso Lidia Poët”? Per chi non ha visto ancora questa serie, innanzitutto, si parla di un telefilm italiano prodotto dal colosso Netflix. Certo, non il solo, soprattutto dopo l’acclamato “Mare fuori”, ma in questo caso i due ideatori Guido Iuculano e Davide Orsini hanno voluto mettere in scena la storia reale, ambientata nella Torino dell’800. Non priva di critiche dalla famiglia ancora in vita della protagonista a cui è ispirata, la serie ha ricevuto molti consensi dal pubblico.

Lidia Poët, la storia

La storia, in breve, narra della prima donna che entrò a far parte dell’Ordine degli Avvocati in Italia. La sua carriera fu osteggiata e persino l’iscrizione all’albo le venne revocata per il solo fatto di essere donna; tuttavia Lidia continuò a praticare il mestiere dando un grande contributo alla legge penitenziaria.
Lidia fu cacciata avvalendosi di una sentenza discutibile che recitava quanto segue: Le donne non potevano essere avvocate perché era inopportuno che convergessero “nello strepitio dei pubblici giudizi”, magari discutendo di argomenti imbarazzanti per “fanciulle oneste”; che indossassero la toga sui loro abiti, ritenuti tipicamente “strani e bizzarri”; o perché avrebbero potuto indurre i giudici a favorire una “avvocata leggiadra”. Una esclusione giustificata inoltre per la naturale riservatezza del sesso, la sua indole, la destinazione, la fisica cagionevolezza e in generale la deficienza in esso di adeguate forze intellettuali e morali, quali la fermezza, la severità, la costanza che avrebbero impedito alle donne di occuparsi di “affari pubblici”

I telefilm come veicolo del girl power, non solo Lidia Poët

Che in molti Paesi del mondo le donne non siano ancora libere di esercitare la professione scelta; di decidere del proprio corpo o perfino del proprio compagno di vita non si fa mistero. Tuttavia molte sono le serie tv incentrate sulle vicende di protagoniste di sesso femminile forti e determinate che devono far fronte a discriminazioni più o meno marcate pur dimostrando ottime capacità nel proprio ambito professionale, basti pensare alla protagonista di “How to get Away with a Murder” (Le regole del delitto perfetto) Annalise Keating.

how to get away with a murder

Si tratta di un’altra avvocatessa che affronta in epoca attuale subisce frequentemente vessazioni per la sua professione di avvocato penalista di successo pur essendo donna e di colore. Annalise è tra le migliori nel suo lavoro; si sa poco del suo passato e del suo presente, persino la sua sessualità è ambigua ma non il suo talento.

Una storia simile a quella di Annalise la ritroviamo nella splendida miniserie “Self Made” ispirata alla biografia vita della prima (quasi) milionaria afroamericana statunitense Sarah Breedlove, interpretata magistralmente da Octavia Spencer. Dopo aver avviato un business nato da un’iniziale esigenza della comunità afroamericana che vedeva i capelli crespi bisognosi di particolari attenzioni; Madam CJ Walker, questo il suo nome d’arte, riesce a farsi largo nel mondo del business relegato agli uomini bianchi. Diventa inoltre filantropa e un’attivista della comunità femminile nera, lavorando con tantissime donne e aiutandole a raggiungere l’indipendenza da mariti spesso violenti.

Il timore di restare indietro

Altri sono telefilm che narrano le vicende di donne che devono guadagnarsi stima e considerazione anche senza ottenere successi così eclatanti. Basti pensare al telefilm francese che da poco ha ottenuto una rivisitazione italiana “Chiami il mio agente“. Qui, in un’agenzia di attori parigina, la vita frenetica del lavoro si interseca con quella famigliare e le paure di restare un passo indietro ai colleghi uomini. Il timore di una storia in ufficio ed i pettegolezzi; il timore di una gravidanza e le conseguenze sulla carriera. Tutte considerazioni attuali raccontate in un contesto certamente lontano da quello dei più, ma che non smette di evidenziare una problematica sentita all’unanimità.

Insomma, quello che raccontano le serie TV è un messaggio forte e chiaro: la diseguaglianza, in modi diversi c’è ancora ed è molto sentita; spesso le donne devono faticare troppo per arrivare ad un risultato che neanche si può ritenere equo per poi avere il timore perenne di perdere, da un attimo all’altro, ogni cosa.
Lidia Poët aveva combattuto la sua guerra e noi ogni giorno la nostra. La vera domanda è se questa guerra un giorno potremo smettere di combatterla per vivere serenamente.

E tu hai visto qualcuna di queste serie?

Lascia un commento